La cura farmacologica tramite antidepressivi viene attualmente considerata come uno dei trattamenti d’elezione per quanto riguarda il disturbo depressivo maggiore (DDM), ma questo tipo di farmaci non sortisce alcun effetto in circa la metà dei pazienti trattati. A tal proposito, recentemente diversi autori hanno proposto di utilizzare la respirazione yoga come terapia aggiuntiva per incrementare l’efficacia dei trattamenti tradizionalmente usati.
In un recente studio pilota, Sharma e collaboratori dell’università della Pennsylvania hanno dimostrato come anche solo 8 settimane di Sudarshan Kriya yoga (SKY), un tipo di pratica yoga che pone particolare attenzione al controllo ritmico dell’atto respiratorio, riescano a portare ad un significativo miglioramento a livello di sintomi depressivi e ansiosi in pazienti con diagnosi di Disturbo depressivo maggiore non responsivi alle classiche cure farmacologiche.
Quanto rilevato dagli autori risulta essere estremamente rilevante, considerando che la depressione risulta essere, da dati Istat di Luglio 2014, il problema di salute mentale più diffuso; infatti si stima che all’interno della popolazione italiana siano circa 2,6 milioni (4,4%) le persone affette da disturbi depressivi, con tassi di prevalenza maggiore all’interno della popolazione femminile e di quella anziana.
DSM-5 (APA, 2013) definisce il Disturbo depressivo maggiore come caratterizzato da sintomi quali umore depresso in modo persistente, marcata diminuzione di interesse per svariate attività, perdita o aumento di peso, insonnia o ipersonnia, agitazione o rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, sentimenti di autosvalutazione, ridotta capacità di concentrazione e ricorrenti pensieri di morte. Per ricevere una diagnosi di Disturbo depressivo maggiore è necessario che 5 o più di questi sintomi siano stati contemporaneamente presenti per un periodo di almeno 2 settimane.
I farmaci antidepressivi, come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), rappresentano, insieme alla psicoterapia, una delle scelte preferenziali fatte per il trattamento del Disturbo depressivo maggiore, ma, sfortunatamente, non tutte le persone che soffrono di questo disturbo rispondono a questo tipo di terapia, con la conseguente mancanza di benefici a livello sintomatologico. Inoltre, spesso questo tipo di cure farmacologiche, così come le terapie aggiuntive prescritte nel tentativo di aumentarne l’efficacia, comportano una serie di effetti collaterali che vanno ad incidere negativamente sul livello di compliance del paziente, aumentando il rischio di drop out e di ricadute. Risulta quindi molto importante trovare nuove frontiere di trattamento che possano aiutare al meglio le persone a sconfiggere una patologia come il Disturbo depressivo maggiore.
Gli studi sull’efficacia dello yoga per il disturbo depressivo maggiore
Proprio a tal proposito, il Dr. Sharma e collaboratori hanno recentemente suggerito che la respirazione yoga possa rappresentare un tipo di approccio efficace, a basso costo e senza l’utilizzo di farmaci aggiuntivi, nel trattamento di pazienti con disturbo depressivo maggiore che non rispondono ai trattamenti tradizionali. Infatti, lo SKY è una tecnica di meditazione focalizzata prevalentemente su esercizi di controllo ritmico dell’atto respiratorio, con lo scopo, alternando respirazioni più lente ad altre più veloci, di armonizzare il ritmo di corpo, mente ed emozioni, consentendo così di eliminare stress, stanchezza ed emozioni negative. In altre parole, il respiro viene utilizzato come tecnica di rilascio dello stress, consentendo alla mente di rilassarsi, di entrare in un profondo stato meditativo e al tempo stesso di ricaricarsi di energia.
Studi precedenti (Mehta & Sharma, 2010; Brown & Gerberg, 2005; Sharma et al., 2005) avevano dimostrato come la pratica yoga risultasse efficace in pazienti con forme lievi di depressione, con depressione dovuta ad abuso di alcool e anche in pazienti con Disturbo depressivo maggiore. A partire da questi studi era emersa la possibilità di utilizzare lo yoga e altre tecniche di respirazione controllata per poter influire in qualche modo sul sistema nervoso, riducendo in particolar modo i livelli di cortisolo, ormone implicato nella percezione di stress. Nonostante questo, però, Sharma et al. (2016) hanno messo in luce una mancanza in letteratura di studi rigorosi e ben progettati che indagassero i possibili benefici dello yoga per il Disturbo depressivo maggiore o se la pratica yoga fosse effettivamente efficace anche in setting ambulatoriali e non solo con campioni ospedalizzati.
All’interno del loro disegno sperimentale, gli autori hanno coinvolto un campione di 25 soggetti adulti con diagnosi di Disturbo depressivo maggiore e con persistenza di sintomi nonostante l’assunzione di terapie farmacologiche antidepressive da almeno 8 settimane. In seguito, seguendo la logica dei Randomized controlled trial, i pazienti sono stati casualmente divisi in due diversi gruppi: un gruppo di SKY per 8 settimane e un secondo gruppo in lista d’attesa.
Ai soggetti all’interno del gruppo di yoga veniva richiesto di partecipare la prima settimana ad un programma di 6 incontri, comprendente esercizi SKY, posture yoga, meditazione e interventi psicoeducativi sullo stress. Per le rimanenti 7 settimane, invece, a questi soggetti veniva chiesto di partecipare ad una sola sessione settimanale di SKY e di continuare a svolgere gli esercizi a casa. Al contrario, al secondo gruppo in lista d’attesa veniva offerta la possibilità di svolgere il medesimo programma yoga al termine delle 8 settimane, fungendo così da gruppo di controllo. Inoltre, entrambi i gruppi hanno portato avanti la cura farmacologica già in atto per tutta la durata dello studio.
Per poter valutare il miglioramento o meno dei sintomi depressivi ed ansiosi, tutti i soggetti sono stati valutati con la Hamilton Depression Rating Scale (HDRS-17), una scala largamente utilizzata a livello clinico per la valutazione di una vasta gamma di sintomi depressivi, sia all’inizio dello studio sia alla conclusione delle 8 settimane di training. Gli autori hanno così potuto evidenziare come all’inizio dello studio i soggetti presentassero un punteggio medio di 22, indicante livelli gravi di depressione. Dopo 8 settimane, invece, il punteggio medio del gruppo SKY risultava essere di 10, a fronte di un mancato miglioramento nel gruppo di controllo. Un risultato analogo è stato riscontrato dagli autori anche con altre scale di misurazione, come ad esempio il Beck Depression Inventory (BDI). Riassumendo, quindi, il gruppo sottoposto a pratiche SKY dopo sole 8 settimane ha mostrato una significativa diminuzione della sintomatologia depressiva, al contrario del gruppo in lista d’attesa.
A parte da questi risultati, quindi, Sharma e collaboratori hanno potuto affermare che lo SKY sembrerebbe essere una promettente terapia aggiuntiva per pazienti con diagnosi di Disturbo depressivo maggiore, ma refrattari alle cure farmacologiche.
Gli autori, in linea anche con studi precedenti (ad es. Sharma et al., 2006) inoltre stanno attualmente pensando di svolgere ulteriori ricerche con lo scopo di indagare l’efficacia dello SKY su un numero più ampio di pazienti, ponendo particolare attenzione a come questa pratica sia in grado di modificare il cervello, sia a livello funzionale che anatomico.